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Universal Design for Learning e curricolo inclusivo
Recensione di Stefania Anna Russo
30 Giugno 2021
La scuola dell’inclusione
Inclusione, nel campo dell’educazione e della didattica, è una delle parole maggiormente utilizzate, soprattutto quando si parla di disabilità. Sono anni che lavoro come docente di sostegno, ma non ho mai compreso bene per quale motivo l’inclusione debba essere una prerogativa solo degli alunni con disabilità. Mi sembra quasi un controsenso. Un’educazione inclusiva, realmente inclusiva, dovrebbe soddisfare i bisogni di ogni singolo alunno e non di quei pochi considerati “diversi”. Se la diversità fosse realmente un valore, si potrebbe rivalutare il concetto di inclusione, garantendo il diritto di ognuno ad avere le migliori opportunità di raggiungere il successo formativo, attraverso una didattica flessibile, capace di adattarsi e di rispettare le esigenze di ciascuno.
La scuola delle differenze è stata valorizzata e formalizzata anche a livello normativo (art. 1 del D. Lsg. 66/2017), ma di fatto rimane, a mio parere, garantita a pochi: “L’inclusione scolastica riguarda le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all’autodeterminazione e all’accomodamento ragionevole” e “si realizza nell’identità culturale, educativa, progettuale, nell’organizzazione e nel curricolo delle istituzioni scolastiche”.
Rimane dunque ancora una sfida la realizzazione concreta di una scuola delle differenze, che miri al successo formativo di ciascun alunno, predisponendo contesti in grado di accogliere le diversità.
Il contesto teorico: l’Universal Design for Learning
Universal Design for Learning e curricolo inclusivo, a cura di Lucio Cottini, è una guida che affronta il problema dell’inclusione e offre risposte concrete, riponendo una particolare attenzione al curricolo e spiegando come poterne costruire di realmente inclusivi, partendo dal presupposto che “quello che è necessario per qualcuno, finisce per diventare utile per tutti”.
Il volume si presenta come una guida operativa, che contiene una prima parte di orientamento metodologico con indicazioni concrete per la realizzazione di un curricolo inclusivo, e una seconda parte, in cui vengono proposte 14 unità didattiche esemplificative.
L’Universal Design for Learning (UDL) è il quadro teorico di riferimento e si rifà all’Universal Design, corrente architettonica risalente agli anni ‘80 del secolo scorso, che il suo ideatore, l’architetto Ronald Mace, colpito da poliomielite all’età di 9 anni, definì come “la progettazione di prodotti e ambienti utilizzabili da tutti, nella maggior estensione possibile, senza necessità di adattamenti o ausili speciali”. Un esempio di applicazione concreta di questo principio si può vedere nel famoso Cubo di Rubik: si tratta di un gioco noto a tutti, che nella sua versione è accessibile solo ai normodotati, in quanto basato sui colori. L’intervento dell’UD mira alla realizzazione non di un cubo specifico per i non vedenti, ma di una versione del cubo che sia accessibile a tutti, nella quale in corrispondenza di ogni colore viene inserito un particolare simbolo in rilievo, riconoscibile al tatto.
L’Universal Design è stata poi declinata in ambito educativo e didattico nell’UDL: l’obiettivo è quello di costruire fin dall’inizio curricoli che, partendo dalle necessità dei singoli alunni con esigenze particolari, finiscono per diventare opportunità qualitative per tutti.
A partire da questo concetto, alcuni ricercatori del Center for Applied Special Technology (CAST) hanno elaborato delle linee guida fondate su tre principi fondamentali, che mirano a fornire ad ogni studente molteplici mezzi di:
- rappresentazione, (riguarda il “cosa” dell’apprendimento, i contenuti, le conoscenze) per fornire agli alunni una varietà di modi di acquisire l’informazione e la conoscenza. Si tratta di agire sulle caratteristiche fisiche del materiale proposto, semplificando e adattando in vario modo, con mediatori e schemi;
- espressione, (riguarda il “come” dell’apprendimento, la valutazione) per fornire agli studenti alternative che consentano loro di esprimere e dimostrare ciò che hanno appreso. Si tratta di ripensare la valutazione in forma non standard, privilegiando strumenti di valutazione autentica;
- impegno, (riguarda il “perché” dell’apprendimento, la motivazione), per coinvolgere al meglio gli alunni attirando il loro interesse e motivandoli così all’apprendimento (riferimento alla sfera affettivo emozionale).
Questi principi fanno riferimento alle tre reti neurali che la ricerca neuroscientifica ha individuato nel processo di apprendimento: di riconoscimento (principio di rappresentazione); strategica (principio di espressione); affettiva (principio di impegno). In sostanza ognuno di noi ha il proprio modo di comprendere ed elaborare l’informazione, di pianificare procedure e realizzare compiti e di sentirsi coinvolto nella situazione didattica.
Partendo da questo presupposto e considerando che in un contesto classe le differenze sono la norma, continuare a progettare un curricolo attorno ad uno studente medio inesistente non contribuisce di certo a valorizzare le potenzialità di ciascuno e tanto meno garantisce un’educazione di qualità, equa e con pari opportunità di apprendimento per tutti.
Tornando alla parola inclusione, al fine di realizzarla concretamente, si dovrebbe passare dunque dal piano delle enunciazioni a quello della applicazione concreta. E quali sono le modalità per promuoverla realmente?
Per un curricolo inclusivo
Il libro propone quattro piani di intervento: una scuola inclusiva deve avere una visione della diversità sociale e individuale; deve promuovere una interazione qualitativa fra docenti e dirigente, tra colleghi, famiglie, servizi enti e associazioni del territorio; deve mettere in campo metodologie per promuovere l’inclusione; deve verificare la significatività operativa delle metodologie applicate.
Sul piano delle metodologie didattiche, diverse sono le linee di lavoro, tra loro integrate, che servono per realizzare una didattica dell’inclusione: clima e gestione della classe, strategie cooperative, educazione socio-emozionale e prosociale, strategie cognitive e metacognitive, TIC in funzione inclusiva e progettazione del curricolo inclusivo.
Dunque la progettazione di un curricolo inclusivo è solo una parte dell’azione, che va considerata all’interno di un contesto didattico ed educativo più ampio.
Il curricolo diventa inclusivo nel momento in cui tiene conto delle diversità degli alunni nella progettazione di percorsi coerenti e sistematici di insegnamento e apprendimento, in cui obiettivi, scelte didattiche, strategie, valutazione e monitoraggio sono organizzati in funzione del successo formativo di ognuno. Per far ciò è necessario costruire un curricolo flessibile e non standardizzato, dove la programmazione individualizzata non si trasforma in un percorso alternativo, bensì diventa un adattamento del percorso previsto per tutti.
Per creare un curricolo inclusivo, primo passo è la ricerca di punti di contatto tra le varie programmazioni (curricolare e individualizzata); secondo passo è il lavoro sui contenuti, per avvicinare gli obiettivi personalizzati ai contenuti della classe; terzo passo è l’organizzazione adeguata del contesto classe, per fare in modo che le attività differenziate possano svolgersi all’interno dell’ambiente comune.
A sostegno della logica del curricolo inclusivo esistono consistenti teorie scientifiche, a partire dagli studi sulla pluralità delle funzioni mentali, come la teoria delle intelligenze multiple di Gardner e la teoria dell’intelligenza triarchica di Sternberg.
Nella progettazione di curricoli inclusivi sarebbe bene considerare l’esistenza di intelligenze diverse e di differenti modalità di pensiero (spesso la scuola tende a considerare quasi esclusivamente il pensiero analitico), così come della possibile molteplicità degli stili cognitivi che ne derivano.
A fondamento del concetto di curricolo inclusivo c’è la sollecitazione di un’azione autonoma degli alunni, per rispondere all’esigenza di perseguire l’autodeterminazione e realizzare il proprio potenziale. Autodeterminazione intesa come elemento in grado di promuovere occasioni per l’esercizio di libertà individuali essenziali, che permettano a ciascuno di poter scegliere in che modo autorealizzare le proprie capacità e valorizzare i propri talenti. La libertà di poter scegliere è a fondamento del concetto di “star bene”, che dipende non tanto dai mezzi di cui ogni individuo può disporre, quanto dalla possibilità di scegliere quali traguardi perseguire.
La creazione di un curricolo inclusivo consente di superare una certa visione standardizzata della didattica in cui è lo studente a doversi adattare.
Questo cambiamento di prospettiva permette a ciascuno studente di essere protagonista nella organizzazione e gestione della didattica, potendo scegliere, all’interno di un ventaglio di proposte anche opzionali, quella che meglio si adatta al suo modo di essere e di apprendere.
Ma come progettare concretamente un curricolo inclusivo?
Il testo, prendendo spunto dall’approccio UDL, individua quattro linee di intervento per la progettazione di un curricolo flessibile:
- presentazione delle proposte agli alunni: per superare la semplice esposizione orale dei contenuti e realizzare una declinazione variata nelle modalità di presentazione, che consente di raggiungere un pubblico differenziato;
- organizzazione delle attività e delle risposte da parte degli alunni: sia per articolare in modo diversificato i compiti proposti alla classe che per consentire agli alunni di poter dimostrare, attraverso procedure differenziate, il loro livello di acquisizione delle conoscenze e competenze;
- elaborazione delle richieste da parte degli studenti: per offrire una molteplicità di modalità di elaborazione dell’informazione, di strategie cognitive e metacognitive, di forme di pensiero, al di là del livello di competenze, conoscenze e abilità possedute;
- il supporto delle tecnologie per l’informazione e la comunicazione (TIC): per costruire ambienti di apprendimento stimolanti, personalizzabili e inclusivi.
Tutte queste azioni didattiche costituiscono modelli di lavoro programmati per l’intera classe e non rappresentano proposte differenziate per singoli alunni.
Questa dimensione consente di valorizzare le diversità offrendo a ciascuno la possibilità di esprimere il proprio potenziale, sentendosi allo stesso tempo parte di un gruppo. Tutti gli alunni, e non solo quelli che hanno certificazioni, vanno rispettati per le loro diversità: progettare attività e percorsi inclusivi consente di personalizzare i processi di apprendimento, rispettare i tempi di apprendimento, le diverse intelligenze, gli stili cognitivi e le varie competenze.
È evidente che risulta praticamente impossibile progettare e realizzare percorsi personalizzati per ogni singolo studente. La proposta è quella di cercare di adottare metodologie, materiali, strumenti, programmi e applicazioni, che consentono di predisporre diverse modalità di presentazione delle attività didattiche, differenti modalità di organizzazione delle attività stesse e delle risposte, diverse modalità di elaborazione richieste dagli studenti e differenti modalità di supporto tecnologico. In questo modo i docenti hanno la possibilità di rispondere ai bisogni del maggior numero possibile di studenti.
Ma come si può verificare l’efficacia degli interventi progettati nel curricolo inclusivo?
Una delle fasi costituenti della progettazione inclusiva del curricolo è proprio la valutazione, che non si esaurisce in termini quali verifica, misurazione, profitto, standard, autovalutazione, ma è un processo formativo che si sviluppa nel tempo. Perché la valenza formativa sia reale è necessario che gli alunni siano consapevoli dei criteri di valutazione utilizzati, degli obiettivi e dello scopo delle lezioni, oltre che delle modalità, dei materiali e dei tempi per raggiungere le competenze richieste.
È necessario dunque pensare in maniera inclusiva l’intero processo di insegnamento-apprendimento, compresa la valutazione. Tenere conto delle diversità nel processo valutativo significa proporre delle opzioni non standardizzate, che consentano a ciascun alunno di esprimere al meglio quanto appreso, nei modi, nei tempi e nelle modalità a lui più confacenti.
In quest’ottica è riduttivo ricercare modalità di verifica differenti per alunni con certificazione, costringendo tutti gli altri in una forma standard: diventa necessaria invece una riflessione profonda e strutturale sulle pratiche valutative adottate con tutti gli allievi.
Proposte concrete per una didattica inclusiva
Il curricolo inclusivo trova la sua concretezza nelle proposte operative all’interno del workbook: una serie di attività di riferimento per la scuola primaria, da utilizzare come schede operative, perché propongono un materiale spendibile in classe; esemplificative, perchè sono un buon punto di partenza per lo sviluppo di altre proposte; metodologiche, perché vi sono indicate tutte le procedure e i supporti tecnologici necessari.
Le quattordici proposte sono organizzate in Schede insegnante, arricchite in alcuni casi da Materiali per l’insegnante e per lo studente che possono essere acquisiti digitalmente, in modo da essere fruibili anche attraverso la Lim.
Le Schede insegnante sono scritte con un linguaggio preciso e rivolte in modo diretto al docente, che dovrà fornire gli stimoli e guidare alla scoperta di nuovi apprendimenti. Si presentano graficamente chiare e molto strutturate: sotto il titolo dell’attività all’interno di un riquadro vengono indicati gli obiettivi di apprendimento, gli obiettivi specifici, il senso dell’attività, la metodologia, i materiali, il supporto tecnologico e le tempistiche. Sopra il riquadro, a destra, la “Rosa del curricolo inclusivo” rappresenta uno schema riassuntivo che consente una lettura intuitiva delle pratiche inclusive messe in atto.
A seguire, la parte operativa “Come svolgere l’attività”: una piccola premessa sintetica in cui viene descritto l’avvio dell’attività stessa, seguita dalle diverse fasi in cui si articola, ognuna accompagnata dal simbolo grafico dell’orologio, che ne indica la durata.
In ogni Scheda insegnante, nella parte in cui viene esplicitato come svolgere l’attività fase per fase, è riportata una chiara indicazione grafica che evidenzia quali adattamenti vengono applicati al curricolo per renderlo flessibile e quindi inclusivo: è il termometro dell’inclusione, cioè una serie di triangoli in cui i settori colorati indicano le azioni applicate in quella specifica fase dell’attività. Ogni triangolo fa riferimento ad una linea di intervento (modalità di presentazione delle attività didattiche, modalità di organizzazione delle attività e delle risposte, modalità di elaborazione delle richieste agli allievi, grado e tipologia del supporto tecnologico), con indicazione al suo interno della tipologia specifica di adattamento.
Nella descrizione delle attività vengono inoltre di volta in volta suggeriti alcuni software o strumenti tecnologici più specifici. Le tecnologie a volte sono indispensabili per rendere la didattica accessibile ad alcuni, ma diventano una risorsa quando rispondono alle esigenze di tutti. Pur rivestendo un ruolo di una certa importanza per garantire l’inclusione, non devono essere vincolanti: in mancanza di esse si può sempre rimodulare l’attività, perché a fare la differenza sono la creatività e l’attitudine dell’insegnante.
Ogni Scheda insegnante si conclude con un riquadro “Valutazione”, dove vengono indicati alcuni suggerimenti per l’attuazione di un processo di valutazione inclusivo, che consenta all’allievo di scegliere la modalità di verifica che più gli è congeniale.
“Alla scoperta dei suoni”, ad esempio, è una unità didattica pensata per una classe prima della scuola primaria. La proposta si articola in una serie di attività ludiche, da svolgersi in due fasi.
Nella prima fase, della durata di due ore, vengono proposte alcune attività che guidano gli alunni, attraverso una serie di domande stimolo e strumenti da esplorare, alla scoperta dei suoni: produzione, generazione, altezza, intensità, trasmissione, scrittura attraverso notazione spontanea. Nella seconda fase vengono proposte alcune attività sugli ambienti sonori, sulla costruzione di racconti sonori e sulla produzione di partiture spontanee.
Gli stimoli forniti sono aperti a diverse modalità di fruizione, consentendo a chiunque di approcciarsi al linguaggio sonoro attraverso attività pratiche, in un contesto di apprendimento cooperativo e con ampio uso di strategie attive, quali tutoring e problem solving.
Alcune riflessioni
La struttura proposta dall’UDL consente di porre le fondamenta per la realizzazione di una scuola inclusiva, pensata appunto per tutti e non solo per gli alunni “tipici”, con disabilità, etichettati anche involontariamente diversi perchè hanno bisogni speciali. Partire dalle diversità che contraddistinguono ogni essere umano significa adattare la didattica in modo da renderla accessibile a tutti, tenendo in considerazione le esigenze di ogni singolo alunno.
Per realizzare questo, la parola chiave è flessibilità, intesa come strumento per adattare, supportare e modificare le informazioni presentate agli studenti in modo da offrire a tutti le stesse opportunità e garantirne il successo formativo. E per creare un curricolo inclusivo è necessario un lavoro di squadra, nel quale siano coinvolti non solo i docenti curricolari ma anche i docenti di sostegno, che possono dare un contributo importante non solo in fase di realizzazione, ma anche e soprattutto in fase di progettazione. Occorre però per questo recuperare una dimensione cooperativa che spesso non appartiene alla scuola italiana, soprattutto nella secondaria, dove non esiste (almeno non a livello istituzionale) la programmazione in team, come invece accade nella scuola primaria.
Il volume, curato da Lucio Cottini con un gruppo di esperti, si rivolge infatti ai docenti (curricolari e di sostegno) della scuola primaria, ma è evidente che un curricolo inclusivo non è qualcosa che possa essere limitato alla scuola primaria (tanto più in un contesto come il nostro, dove gli istituti comprensivi, e quindi i curricoli verticali, sono la norma) e l’UDL in sé non ha indicazioni specifiche per un particolare livello scolare. E in effetti è facile pensare quanto proposto nel libro anche in un contesto differente: si tratta infatti di metodologie e strutture facilmente riutilizzabili.
Ma affinché questo possa realizzarsi è a mio avviso necessario un cambiamento di mentalità nel corpo docente, per rivitalizzare la parola inclusione e darle un valore concreto, pratico: al momento, è difficile sfuggire all’impressione che si tratti solo di una parola-facciata, che nasconde il solito, tradizionale, modo di lavorare.
Hanno collaborato alla stesura del volume Universal Design For Learning e curricolo inclusivo: Anna Gardin, Nicoletta Passone, Maria Gordin, Lucia Perini, Stefano Pascoletti, Luisa Zinant.
Universal Design For Learning e curricolo inclusivo. Imparare a progettare una didattica funzionale ai bisogni della classe e dei singoli – a cura di Lucio Cottini – 2019 – Giunti Edu – (pp 127)
Lucio Cottini
Professore ordinario di Didattica e Pedagogia Speciale e Presidente del corso di laurea in “Scienze della Formazione primaria” all’Università di Urbino. Direttore del Giornale Italiano dei Disturbi del Neurosviluppo. Ha pubblicato numerosi lavori, soprattutto riferiti alla didattica speciale, all’inclusione scolastica e sociale, alla disabilità intellettiva e all’autismo.