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Dall’ascolto all’esecuzione
Orientamenti per la pedagogia e la Didattica della musica
Recensione di Stefania Anna Russo
31 Marzo 2020
Esiste, nel contesto attuale dell’insegnamento delle discipline musicali, un modo per coniugare alla dimensione poietica una forte dimensione epistemica, che non ne riduca l’importanza, ma piuttosto la accompagni e la rafforzi?
Carla Cuomo, con questo volume, prova a rispondere a questa domanda, proponendo un modello pedagogico e didattico che integra le due dimensioni, entro un percorso il cui fine è la formazione intellettuale dell’essere umano nella sua globalità.
Il testo raccoglie i risultati di una lunga ricerca, condotta da un gruppo di studiosi del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, coordinato da Giuseppina La Face Bianconi, volta a delineare un modello di educazione musicale finalizzato alla comprensione della musica nella storia e nella cultura.
Il percorso si è sviluppato secondo la logica della prassi-teoria-prassi: da un lato la ricerca pura, a partire dalle teorie psicologiche di impianto cognitivista, sui processi di apprendimento e insegnamento della musica; dall’altro la ricerca applicata sul campo.
Il lavoro è stato condotto utilizzando due diversi approcci all’indagine scientifica: top down e bottom up. Nella prospettiva top down il gruppo di ricerca ha riflettuto sul modello di educazione musicale, riprendendo e rimodulando quello di Della Casa, a partire dal quale sono state condotte sperimentazioni in vari sistemi didattici. Nella prospettiva bottom up sono state osservate, monitorate e valutate le pratiche didattiche esistenti per riflettere sui loro aspetti funzionali e disfunzionali.
Il testo, risultato del percorso di ricerca, si divide in due parti.
La prima parte, Pedagogia e didattica: dal generale al disciplinare, ha un impianto prettamente teorico e illustra e analizza gli aspetti didattici e pedagogici che stanno alla base del modello proposto.
Questa prima parte fornisce ai lettori gli strumenti per comprendere sia la metodologia d’indagine della ricerca scientifica che i presupposti teorici entro cui si delinea il modello pedagogico didattico. A partire dalle teorie storiche di riferimento (cap 1), viene elaborato un nucleo teoretico (cap 2), da cui prende forma il modello di educazione musicale, che nelle sue funzioni formative e pratiche di trasposizione (cap 3) ha come fine educativo la formazione intellettuale dell’essere umano nello sviluppo di un pensiero musicale competente (cap 4).
La seconda parte, Dall’ascolto all’esecuzione, raccoglie alcune esperienze di ricerca in campo didattico e mira ad approfondire i legami tra didattica dell’ascolto e didattica dell’esecuzione strumentale, attraverso l’analisi delle tre pratiche di trasposizione del sapere musicale: ascolto, produzione (composizione, esecuzione, improvvisazione), storia della musica. Anche qui è chiaro il percorso che intende proporre la Cuomo. Dopo aver specificato gli aspetti metodologici didattici dell’ascolto e dell’esecuzione musicale (cap. 5), illustra quattro esempi di pratiche didattiche differenti: il primo (cap. 6) è un percorso interdisciplinare sulla didattica dell’ascolto per comprendere aspetti del linguaggio musicale tonale; il secondo (cap. 7) è un esempio di didattica dell’esecuzione competente sviluppata mediante un lavoro sui processi metacognitivi; il terzo e il quarto percorso approfondiscono il legame tra il conoscere e il fare musica, attraverso la comprensione del brano che, mediante la didattica dell’ascolto, prende forma nella sua rielaborazione esecutiva (cap. 8), e l’ascolto comparato, critico e riflessivo, di interpretazioni esemplari (cap 9).
Nella prima parte l’autrice, attraverso un’analisi storico critica della pedagogia e della didattica, passa in rassegna alcuni dei pilastri dell’educazione musicale, quali Goitre, Porena, De Natale, Delfrati, Stefani, Delalande (…) per giungere infine ad esaminare il modello di Maurizio Della Casa.
ll nucleo teoretico della comprensione musicale di Della Casa è infatti alla base dei presupposti teorici su cui si fonda la ricerca. Come evidenzia l’autrice, per Della Casa il concetto di competenza musicale viene declinato secondo un modello effettuale centrato sulla comprensione musicale a partire dall’ascolto. L’ascolto attivo è dunque elemento necessario della comprensione della musica, da non intendersi soggettivo, bensì critico e riflessivo. La correlazione ascolto e conoscenza è la conditio sine qua non della comprensione della musica come cultura, che sviluppa al massimo grado il potenziale formativo della disciplina scolastica. La comprensione musicale diventa in questo contesto il punto di partenza per la formazione intellettuale della persona, intesa nel senso di formazione integrale.
L’autrice chiarisce il significato di formazione, e quale relazione esista tra educazione, istruzione e formazione, prendendo spunto dalla definizione datane dalla pedagogia di Frabboni e Pinto Minerva. La formazione dell’uomo e della donna, nella loro contestualizzazione storica, culturale e sociale, si struttura nella direzione della crescita intellettuale, della autonomia cognitiva e affettiva, della emancipazione e liberazione etico-sociale. La formazione è intesa come processo di livello superiore che passa attraverso l’educazione e l’istruzione: educazione come costruzione intenzionale di un habitus, ovvero forma mentis o disposizione mentale; istruzione come processo di trasmissione culturale, di insegnamento di saperi che plasmano la mente, e acquisizione di un habitus grazie alla trasmissione e alla mediazione culturale.
Tale processo di formazione si attua attraverso la teoria dei livelli logici dell’apprendimento di Baldacci: il primo livello (protoapprendimento=istruzione), è inteso come sapere che attraverso i fatti e le idee acquisite mediante l’esperienza, lo studio e la ricerca; il secondo livello (deuteroapprendimento=educazione), ovvero imparare ad apprendere e nello specifico formazione delle competenze, è inteso come imparare a trasferire strutture di interpretazione contestuale ad altri contesti; il terzo livello (=metaeducazione) è quello in cui l’essere umano raggiunge la sua piena autonomia cognitiva e affettiva e coincide con l’autoformazione. L’esito di questo processo è la formazione di un habitus, ovvero dell’abitudine a pensare in modo intelligente.
Per l’autrice, affinchè possano esserci i presupposti per un’azione efficacemente formativa dell’insegnamento, è necessario definire in primis le funzioni formative della disciplina, ovvero quali atteggiamenti, quali aspetti della personalità e in sostanza quale habitus la disciplina contribuisce a promuovere negli studenti.
Sono infatti le finalità formative a determinare le funzioni formative, che corrispondono al potenziale formativo della disciplina, ovvero al potenziale di sviluppo cognitivo-affettivo del soggetto.
Una volta stabilite le funzioni formative, per raggiungere le finalità previste sarà fondamentale l’azione della trasposizione didattica, intesa come trasformazione del sapere esperto (scientifico) in sapere che diventa oggetto di insegnamento verso un determinato pubblico e contesto, e in relazione agli obiettivi che l’insegnante si prefigge in una concreta situazione didattica. Come sottolinea l’autrice, indispensabile è da un lato la scelta dei contenuti in funzione del loro valore formativo e della loro rilevanza etica e sociale; dall’altro la rielaborazione del sapere rispetto ai tre sotto-processi di legittimazione sociale, di storicizzazione e infine di cognitivizzazione. Questo processo di rielaborazione deve convergere verso la crescita intellettuale, l’autonomia cognitiva e affettiva, l’emancipazione e la liberazione etico sociale dell’individuo, oggetto di ogni azione pedagogica inserita nella cornice della formazione democratica propria delle società occidentali.
Le funzioni formative dell’educazione musicale si palesano però solo se orientate verso la comprensione della musica nella storia e nella cultura. Come sottolinea l’autrice, mettere a contatto il soggetto con opere, tecniche, generi, stili, linguaggi, nell’educarlo a comprenderne peculiarità e differenze, promuove le facoltà cognitive del soggetto, sollecita la capacità di rappresentazione simbolica della realtà e in questo processo amplia le conoscenze culturali (…) e sviluppa altresì le capacità critico-estetiche. La dimensione critica quindi precede e diventa preludio alla formazione della dimensione estetica: la creazione del gusto è un punto di arrivo.
L’ascolto critico e riflessivo consente infatti ai discenti di decentrarsi rispetto al brano e di confrontarsi con i sentimenti e le emozioni che esso simbolizza; di analizzare, scomporre e ricomporre l’opera musicale, di impadronirsi del suo linguaggio e utilizzarlo per esprimere e comunicare con la musica. Si tratta di un processo che ha come fine la maturazione di una consapevolezza storica e critica tale da permettere il raggiungimento della dimensione estetica del gusto.
Dal punto di vista didattico questo processo prende forma attraverso le tre pratiche di trasposizione: didattica dell’ascolto, didattica della produzione (esecuzione, composizione, improvvisazione), didattica della storia della musica. Come sottolinea la Cuomo, queste tre pratiche sono legate da un rapporto di continuità e di circolarità, dove l’ascolto costituisce il punto di riferimento ideale, centrifugo e allo stesso tempo centripeto, delle altre pratiche musicali (esecuzione, composizione, improvvisazione, storia della musica).
Il luogo ideale in cui questa didattica prende forma è il laboratorio, non inteso come effettivo spazio fisico, ma quale strategia educativa e didattica, contesto di sviluppo dell’abito mentale del pensiero riflessivo, il metodo stesso dell’intelligenza, secondo Dewey. Nello specifico si tratta dunque di un laboratorio di ascolto, di un laboratorio di produzione musicale e di un laboratorio della storia della musica dove le attività didattiche musicali sono finalizzate alla formazione del pensiero investigativo-riflessivo.
Tornando dunque al quesito iniziale, è proprio in questo punto che l’autrice avvalora la connessione tra la dimensione poietica e quella epistemica nella prassi didattica.
Nel modello di educazione musicale proposto, l’interazione delle tre pratiche va considerata rispetto alle due dimensioni della conoscenza e della comprensione musicale, sempre connesse all’interno di ciascuna pratica. Per fare un esempio concreto, l’ascolto non è un’attività meramente epistemica, in quanto corrisponde a un “fare cognitivo”. Così viceversa la didattica della produzione musicale, che si porrebbe nella dimensione poietica, è anche un’attività epistemica in quanto lavorando sul piano della metacognizione consente la formazione di un pensiero critico, riflessivo e dunque intelligente.
Le due dimensioni, epistemica e poietica, sono invero due modi di descrivere il gioco tra le componenti che entrano in atto nel fare e nel comprendere la musica. In sé e per sé le due dimensioni non sono separabili: il conoscere è anche il fare, e il fare, purchè sia riflessivo in senso deweyano, è sempre un conoscere.
Dunque l’integrazione tra le tre pratiche e fra le due dimensioni della conoscenza e comprensione musicale è alla base di questo modello laboratoriale di educazione musicale inteso come un “apprendistato cognitivo”, dove i discenti apprendono in definitiva i principi organizzatori della competenza esperta.
Attraverso la metodologia laboratoriale si concretizza così il modello di educazione musicale prospettato nel volume, che sottende alla mèta ideale della formazione globale dell’individuo, contribuendo in tal modo alla costruzione della cittadinanza intesa come formazione democratica.
Ma in che modo l’educazione musicale contribuisce allo sviluppo di una formazione democratica tesa alla costruzione di una cittadinanza attiva?
L’autrice sottolinea che il fine della pedagogia è quello di promuovere l’autonomia dell’uomo, ovvero la sua capacità di autodeterminarsi imparando a vivere nella società. Per raggiungere tale obiettivo occorre favorire e coltivare una consapevole partecipazione alla vita sociale, nella direzione di una cittadinanza attiva, al fine di maturare le libertà e le capacità di scelta, che coincidono con lo sviluppo del pensiero critico.
Avere capacità di scelta significa poter incidere sulla realtà, ma affinchè ciò possa realizzarsi occorrono diversi requisiti, che la formazione sarebbe in grado di offrire attraverso lo sviluppo delle competenze.
Le competenze per la formazione democratica sono complesse, come evidenzia la Cuomo, e devono mirare a integrare conoscenze ed esperienze umanistiche con quelle scientifiche, per consentire all’uomo di adattarsi ai cambiamenti della società. L’educazione alla cittadinanza è il punto di riferimento per esplicitare tutte le potenzialità di un’educazione musicale finalizzata alla comprensione della musica nella storia e nella cultura, che metta al centro la musica d’arte, senza pregiudizio per altri generi e tradizioni musicali. A questo proposito sottolinea che ogni musica si codifica in un preciso linguaggio, connotato in senso storico, sociale e culturale, e perciò affratella e unisce solo chi in quella musica si riconosce.
Il pensiero musicale competente si sviluppa grazie all’intreccio e alla circolarità delle tre pratiche di trasposizione didattica nel continuo scambio tra la dimensione del fare e del conoscere. La competenza musicale si configura quindi come integrazione tra due diversi piani: uno che analizza gli aspetti storici, estetici e critici della disciplina e della sua teoria (pensare la musica); l’altro che riguarda la capacità di pensare in musica, utilizzandone il linguaggio con scopi creativi e comunicativi.
Ciò consente di cogliere la musica come testimonianza di cultura, che diventa allo stesso tempo elemento di civiltà.
Il modello pedagogico didattico di educazione musicale si concretizza nelle proposte operative delineate nella seconda parte del volume.
Tra i vari esempi citati dall’autrice particolarmente interessante è quello descritto nel capitolo 8, Dall’ascolto all’esecuzione. Come integrare il “conoscere” e il “fare”, che risponde concretamente al quesito iniziale, relativo alla conciliazione delle dimensioni poietica e epistemica.
Il percorso illustrato, indirizzato ad una formazione iniziale, si sofferma sui “momenti cerniera” tra ascolto ed esecuzione, attraverso lettura cantata e verbalizzazione (didattica dell’ascolto) e lettura fonoritmica-gestuale (didattica dell’esecuzione): la lettura cantata e la verbalizzazione convergono nella didattica dell’ascolto, e la lettura fonoritmico-gestuale nella didattica dell’esecuzione musicale.
Il contenuto di partenza è Jdtszógyermekek (“Bambini che giocano”) di Béla Bartók, semplice brano pianistico inserito nel primo volume della raccolta Gyermekeknek (“Per i bambini”).
Nel primo paragrafo del capitolo l’autrice disegna l’iter che dovrebbe perseguire il docente nel saper mediare il proprio “savoir savant” affinché diventi “savoir enseigné” proprio sul terreno tra ascolto ed esecuzione.
In una prima fase di programmazione l’insegnante filtra e seleziona il sapere per la successiva fase della trasposizione didattica, in base al criterio della essenzializzazione e in funzione degli obiettivi didattici. Da qui progetterà un percorso di comprensione musicale, articolato nei tre livelli di ascolto, produzione e storia della musica.
L’incontro tra la didattica dell’ascolto e la didattica dell’esecuzione darà vita a quello che l’autrice chiama “punto di integrazione”, dove lo studente compirà il suo massimo sforzo sia cognitivo che emotivo.
Dopo aver indicato i prerequisiti e gli obiettivi specifici del percorso, l’autrice ne propone una applicazione pratica, sperimentata personalmente nel contesto di una scuola primaria, nella fascia di età compresa tra i 7 e i 9 anni.
La trasposizione in questo percorso si articola in due livelli, incentrati sulla didattica dell’ascolto e sulla didattica dell’esecuzione.
Il primo livello, didattica dell’ascolto, si articola in tre fasi, secondo la metodologia di riferimento elaborata da La Face Bianconi:
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orientamento all’ascolto, per stimolare l’interesse dei discenti con brevissimi cenni sull’opera;
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ascolto, per stimolare l’alunno a collegare, comparare, verificare quello che sta ascoltando. Dopo un primo ascolto, condotto senza spartito, si procede alla comprensione della struttura e alla conseguente segmentazione in unità dotate di senso (periodi e frasi musicali) del brano stesso. La segmentazione consente di interiorizzare la struttura e la forma in unità dotate di senso.
Concludono la fase dell’ascolto la lettura cantata, dove si pongono le basi della “correlazione orecchio-occhio” (suono-segno), e la messa a fuoco del concetto di “pentatonismo”, richiamando l’attenzione sul confronto con le cantilene infantili;
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rielaborazione, in cui gli alunni consolidano la correlazione orecchio-occhio e perfezionano la comprensione del brano fino ad ampliare il lessico musicale. Questo lavoro potenzia la capacità di pensare la musica e di pensare in musica, finalizzata a eseguire il brano nel migliore dei modi, attraverso la verbalizzazione, che il docente guiderà con domande quali “questa melodia è saltellante o strisciante? procede con balzi verso l’acuto o con note tutte piane e uguali? Le note sono molto distanti tra loro o piuttosto vicine? (…)”.
Il modello proposto sottolinea l’importanza dell’educazione all’ascolto come modo migliore per comprendere la musica ed è proprio per questo motivo che è bene che questa pratica preceda quella dell’esecuzione musicale.
Il lavoro sull’ascolto deve sempre condurre al piacere della musica, che rinvia ad un’esperienza affettiva ed emotiva, dove conoscenza e comprensione delle strutture compositive della musica, delle loro origini e dei significati storici diventano parte della dimensione esistenziale dell’ascoltatore.
La lettura sul pentagramma, che attiva occhi e orecchie, sarà successiva a tale lavoro: da qui prende avvio la didattica della pratica musicale.
Il secondo livello, la didattica dell’esecuzione musicale, si articola anch’esso in tre fasi:
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programmazione senso-motoria, avvio – lettura fonoritmico-gestuale (inizio): in questa fase lo studente si avvierà verso la lettura dello spartito, sviluppando la correlazione orecchio-occhio: l’idea espressiva del brano maturata tramite l’ascolto sarà il modello mentale di riferimento per le fasi successive. Affinchè l’alunno possa interiorizzare gli schemi motori sarà funzionale una corretta rappresentazione visiva dell’azione, che l’insegnante potrà fornire in una dimostrazione pratica. Tale dimostrazione rappresenterà il modello;
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trasposizione motoria, avvio – lettura fonoritmico-gestuale (fine): questa è una delle fasi più complesse, perché, pur perfettamente compreso, il modello che la fase precedente ha generato non è sempre trasferibile in modo lineare dal piano cognitivo a quello dell’apprendimento motorio; quindi dato che il corpo non sempre reagisce con la stessa velocità della mente, ciò potrebbe generare una certa frustrazione, che si può evitare sperimentando il gesto attraverso tutto il corpo;
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esecuzione espressiva: questa fase è necessariamente conseguente alle prime due e mette in campo i processi di acculturazione intervenuti nella didattica dell’ascolto. La capacità espressiva dipende infatti dall’idea del brano che lo studente si è creato nella mente: gli aspetti tecnici sono finalizzati alla comprensione del senso del brano.
Negli esempi proposti nel volume e sperimentati nel corso dell’attività di ricerca si concretizzano i presupposti teorici che stanno alla base di questo modello di educazione musicale, dove l’interazione tra fare e conoscere costruisce e costituisce un unico processo di apprendimento, in uno scambio continuo e circolare tra dimensione epistemologica e dimensione epistemica.
Il testo, denso di riferimenti teorici, adatto a futuri insegnanti ed esperti di discipline musicali, disegna una chiara prospettiva metodologica-didattica, dove l’educazione all’ascolto, intesa non solo come conoscere ma anche come agire, è premessa necessaria per introiettare conoscenze e dare forma alla musica, che solo la pratica esecutiva potrà restituire. Comunicare ed esprimere il senso colto dall’ascolto attraverso la pratica significa esprimerne i contenuti, i quali implicano un esercizio critico di competenza che integra le due dimensioni del fare e del conoscere: quindi pensare in musica, sul piano delle conoscenze storico-critico-estetico e teorico musicale, e pensare la musica, sul piano linguistico-comunicativo e logico-procedurale. È così che si sviluppa l’esercizio critico: nel continuum di azione tra il conoscere e il fare.
E questo esercizio critico è alla base dell’autonomia di pensiero e della crescita intellettuale, nella direzione educativa della formazione integrale dell’essere umano.
Stefania Anna Russo
Dall’ascolto all’educazione. Orientamenti per la Pedagogia e la Didattica della musica – Ricerche e pratiche didattiche Ed. Franco Angeli, 2018 (pg. 205)
Carla Cuomo
Musicologa e pianista, è ricercatrice nel Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna. La formazione musicale e musicologica, frutto dell’esigenza di guardare la musica a tutto tondo, l’ha portata a privilegiare ricerche sugli aspetti esecutivi e interpretativi della musica e su quelli pedagogici e didattici musicali. È autrice di saggi e volumi sulla critica musicale italiana del XX secolo, sull’educazione musicale, sull’ecologia sonora.