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La relazione Allievo-Maestro come spazio condiviso al servizio della creatività
di Stefania Cataudella
30 novembre 2019
Per un musicista, principiante o professionista che sia, studiare uno strumento significa trascorrere molte ore del proprio tempo ad esercitarsi, cioè ad acquisire abilità manuali ed interpretative attraverso la ripetizione di passaggi tecnici e musicali. Molti sono abituati a considerare questo tempo come un sacrificio, una necessità arida e faticosa in contrasto con la creatività e il piacere dell’esecuzione.
In che modo nell’apprendimento della Musica la relazione Allievo-Maestro può rappresentare un luogo privilegiato che permetta all’Allievo di definire il suo percorso artistico? Quali le condizioni che liberano la creatività dell’Allievo che si affida al Maestro affinché le sue qualità artistiche, libere di esprimersi, possano prendere forma guidate ma non plasmate dal sapere del Maestro?
Per provare a dare delle risposte a queste domande, forse solo in apparenza semplici, mi sembra interessante intrecciare due saperi, quello della musica e della psicoanalisi, e ripercorrere brevemente la storia di entrambi, il cui legame è forte fin dalle origini.
Il secolo passato ha cambiato il nostro modo di guardare e di sentire il mondo: quando allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre 1899 si passa al 1 gennaio del 1900 il mondo entra in uno stato di sconvolgimento. Oltre a varie questioni politiche anche il mondo intellettuale si fa interprete di cambiamenti rivoluzionari: Freud pubblica L’interpretazione dei sogni, Gustav Mahler debutta con il Titano, Picasso entra nel suo Periodo Blu, Max Planck introduce il concetto di quanto di energia e via dicendo. Musica e Psicoanalisi in particolare si trovano subito contestualmente intrecciate: negli incontri che Freud tiene con gli intellettuali dell’epoca per discutere delle sue ipotesi sullo sviluppo della mente umana, i suoi interlocutori sono spesso artisti e ancor più spesso musicisti. Anche se Freud ha rivolto il suo interesse più verso l’archeologia e le arti visive e letterarie e meno sulla musica, il primo studio psicoanalitico sulla musica e la creatività musicale è stato il saggio di Graf su Wagner e L’olandese volante. Graf, musicista e allievo di Freud, fu infatti uno dei membri fondatori della Società del Mercoledì antesignana della Società Psicoanalitica di Vienna.
Nel cambiamento storico la Musica passa dal sistema tonale a quello atonale e il linguaggio musicale nel corso del secolo viene continuamente reinventato: la composizione dodecafonica cede il passo al serialismo integrale, che cede il passo alla musica aleatoria che cede il passo al timbralismo e via dicendo.
Allo stesso tempo con le prime ipotesi freudiane sulla relazione tra aspetti consci e inconsci della psiche si rende necessario ripensare ai processi coinvolti nello sviluppo della mente. La psicoanalisi vede così il fiorire e lo svilupparsi di modelli teorici che si intrecciano via via con altri saperi al fine di comprendere sempre più a fondo la complessità della mente umana e delle condizioni che favoriscono o interferiscono con uno sviluppo sano. Sulla prospettiva relazionale convergono oggi tutti i modelli della mente che, in accordo con le neuroscienze, riconoscono che la personalità di un individuo è molto più ampia di ciò di cui l’individuo stesso è consapevole e che gli affetti occupano un ruolo centrale nell’organizzazione della vita psichica. La mente umana è relazionale e le relazioni affettive sono il territorio privilegiato dell’esperienza in cui prendono corpo i fenomeni dell’intersoggettività e della conoscenza. Le relazioni affettive sono pertanto quella struttura all’interno della quale la mente dell’individuo si sviluppa e si trasforma nella crescita.
Queste considerazioni sono l’esito di sofisticate e attente osservazioni che hanno caratterizzato la ricerca in psicologia negli ultimi decenni, osservazioni condotte sulle interazioni-relazioni che hanno luogo fin dalle primissime fasi della vita. L’osservazione del comportamento manifesto nell’infanzia e nell’età adulta, intrecciato all’indagine sul mondo interno delle rappresentazioni che abitano la mente dell’adulto e che guidano il comportamento hanno nuovamente riconnesso in qualche modo la psicoanalisi alla musica.
La metafora musicale è spesso quella più utilizzata per descrivere processi psichici e relazionali profondi. L’esperienza di sentire/ascoltare melodie, timbri comincia infatti già in epoca fetale: il grembo materno è il primo auditorium dove la musica si sperimenta come processo relazionale e l’ambiente uditivo intrauterino svolge un ruolo chiave nel modellare lo sviluppo uditivo successivo e le preferenze musicali. Lo sviluppo dei processi psichici in epoca fetale è connesso al senso dell’udito e del tatto, che precedono di gran lunga l’organizzazione di altri canali sensoriali come la vista, qualificando le prime memorie come prevalentemente uditive, tattili e propriocettive. La temporalizzazione, cardine dei processi di soggettivazione e simbolizzazione, ha origine non solo dall’andamento, ritmo e pulsazioni delle vibrazioni e poi dei suoni e silenzi percepiti dal feto e quindi dal bambino, ma anche dai suoi primi movimenti corporei che consistono in variazioni di posizione nello spazio e nel tempo. Viene pertanto sottolineato il ruolo strutturante delle reminiscenze prenatali di suoni e ritmi che restano nella memoria del bambino come oggetto sonoro.
Queste esperienze prenatali e post-natali sono continuamente regolate dal sentire e dall’agire dell’Altro nella relazione. La musica in tutte le sue forme è isomorfa alla successione di tensione/rilassamento e attesa/risoluzione che caratterizza i primi scambi preverbali tra il bambino e il suo ambiente relazionale. La continuità dell’esistere è infatti un tempo ritmico, costituito di pieni e di vuoti, di presenze e di assenze. La ripetizione, quale componente essenziale del ritmo, è un altro operatore di base del funzionamento psichico, già evidente nei giochi infantili presimbolici: la ripetizione e il silenzio (o pausa) producono un vuoto generativo di quella che sarà la rappresentazione dello stimolo assente. La mente del bambino è pertanto creativa, più in contatto con i processi inconsci e libera da sovrastrutture. Le esperienze successive possono favorire o inibire in modo strutturale o contestuale la creatività. Il desiderare e l’esplorare, aspetti fondanti della creatività, sono favoriti e sperimentati all’interno di relazioni affettive basate sulla fiducia reciproca: il bambino i cui affetti sono regolati da una relazione basata sulla fiducia desidera giocare ed esplorare gli oggetti e il suo gioco è creativo e costruttivo; il bambino i cui affetti non sono regolati da una relazione basata sulla fiducia è in conflitto con il desiderio di giocare, la sua esplorazione è inibita e il suo gioco è stereotipato e/o distruttivo.
Come sostenuto da vari artisti e psicanalisti l’arte è il gioco degli adulti. La scelta da adulti di coltivare per passione o professione una delle arti (musicale, visiva, narrativa) ha all’origine queste esperienze primarie trasversali a tutti gli individui. Alcuni approdano, tra le varie espressioni artistiche, alla scelta dello studio della musica sollecitati da fattori individuali, familiari, contestuali. La relazione della Musica con il mondo degli affetti è una relazione complessa in quanto rimanda inevitabilmente a memorie antiche e a processi inconsci.
Il recupero della propria potenzialità creativa, essenziale per uno studio legato alla musica, può essere sostenuto o talvolta ostacolato dalle relazioni. Quale la relazione con le emozioni quando si suona uno strumento, quando si compone, quando si studia con un Maestro di riferimento? Quali aspetti della relazione Allievo-Maestro possono favorire il recupero della creatività?
L’incontro Allievo-Maestro è un incontro tra due Soggettività i cui comportamenti all’interno della relazione sono veicolati in parte dalla storia di entrambi e in parte dai rispettivi ruoli. Insegnare e Apprendere non è un processo unidirezionale caratterizzato da un trasferimento di contenuti ma un processo relazionale e trasformativo che si basa su dinamiche relazionali complesse non sempre consapevoli. Apprendere fin da bambini è un processo che prende forma all’interno di relazioni costituite prima dalle relazioni interne alla famiglia e dopo da tutte quelle relazioni stabili che accompagnano lo sviluppo (educative, amicali, sentimentali). Ingrediente necessario ad ogni forma di apprendimento è il riconoscimento della soggettività dell’Altro che facilitando la regolazione affettiva permette di tenere sempre aperta la porta dei desideri e quella dell’esplorazione. Il desiderio non va confuso con la motivazione perché il desiderio è inconscio e il farne esperienza decentra l’Io e produce disorientamento, consiste nell’avvertimento positivo di una mancanza che sospinge alla ricerca. Alimentare e trasmettere il desiderio non è mai l’effetto di una pedagogia strutturata o il risultato di un addestramento tecnico. Il desiderio si semina solo per contagio.
Elementi caratteristici della creatività sono: ribaltare la visione introducendo un’angolatura mai contemplata; sperimentare un vuoto di conoscenza che precede l’atto creativo.
La creatività è pertanto un’esperienza psichica che sta in bilico fra la destrutturazione del vecchio e l’invenzione del nuovo; abita aspetti profondi e inconsci della psiche, implica sempre un rapporto dialettico fra buio e luce, fra noto e ignoto.
Il risultato dell’atto creativo è una trasformazione del caos (disordine) in cosmos (ordine); inoltre, per diventare creativa, la mente ha bisogno di immergersi nel suo oggetto di studio. Questo comporta un lavoro sistematico e ripetitivo: è il momento dell’expertise, quello in cui si matura competenza o familiarità con un certo tema. Il vuoto di conoscenza e di contenuti che precede l’atto creativo non necessariamente è un vuoto in senso assoluto; ciò che è vuoto per il conscio può essere denso di contenuti nel mondo parallelo dell’inconscio. In questo passaggio tra caos e cosmos in cui è necessario tollerare emotivamente il senso di “vuoto” e cognitivamente la fatica dello studio diventa fondamentale la relazione interpersonale tra Allievo e Maestro. Il riconoscimento da parte del Maestro, forte del suo ruolo, della soggettività dell’Allievo nella sua componente emotiva e cognitiva crea il ponte della fiducia che da relazionale diventa intrapsichica per l’Allievo. Ciò permette all’Allievo, nell’atto di apprendere, di tollerare la fatica dello studio, il vuoto della conoscenza per ritrovare all’interno della propria soggettività il desiderio di esplorare nuovi percorsi riattivando il processo creativo.
La relazione Allievo-Maestro diventa così quello spazio che si fa struttura di un processo trasformativo per entrambe le Soggettività: l’Allievo può crescere nel suo percorso di apprendimento non tradendo la sua soggettività e trovando una guida nell’incontro con il suo Maestro, che dal canto suo può ampliare il suo metodo e la sua conoscenza dei processi complessi nei quali si declina l’insegnamento.
Stefania Cataudella
Psicologa, Psicoterapeuta, Psicoanalista membro ordinario dell’Associazione Italiana di Psicologia Analitica, Ricercatrice in Psicologia Dinamica presso il Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia dell’Università di Cagliari. I suoi campi di interesse scientifico vertono principalmente sulla psicologia perinatale, dai processi psichici coinvolti nello sviluppo del legame genitori-feto/bambino alle variabili che influenzano i contesti che ruotano intorno alla nascita. Si interessa inoltre alla riflessione psicoanalitica sulle espressioni artistiche e sulle variabili che influenzano i processi creativi dell’individuo.
Bibliografia
De Mari M., Carnevali C., Saponi S. (a cura di), 2015, Tra Psicoanalisi e Musica. Alpes Edizioni
Di Benedetto A., 2002, Prima della parola. L’ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le forme dell’arte. Franco Angeli
Montinaro A., 2017, Musica e Cervello. Zecchini Editore
Recalcati M., 2012, Ritratti del desiderio. Milano: Raffaello Cortina
Recalcati M., 2014, L’ora di lezione. Einaudi
Ross A, 2007, Il resto è rumore. Ascoltando il XX secolo. Bompiani