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Spartito perso
Giochi di animazione con le musiche del novecento
Recensione di Francesca Romana Motzo
31 Maggio 2020
“…Gli educatori dovrebbero scegliere, prendere posizione; non essere passivi, ma farsi coinvolgere emotivamente, comunicando le proprie scelte estetiche con forza e passione, stimolando così l’educazione alla critica e di conseguenza alla creatività.”
Mai ci fu elemento cosi intricato quanto connesso all’essere umano, come lo è stato da sempre il Suono, sia in ambito espressivo che sociale che antropologico. Cerchiamo sempre di addomesticarlo in una forma, che cambia veste, sapore, colore, portata, a secondo del periodo storico in cui lo rinchiudiamo. A volte la forma prevale d’importanza, perchè è complesso abbandonarne una che ha determinato il periodo storico nel quale è comparsa per un’altra, che tenta di superare la precedente per visione o contrapposizione.
Ed in questa giostra tipicamente umana, c’è un elemento che non soccombe mai, a dispetto di tutte le concettualizzazioni che vengono affermate: il semplce Suono. Quell’unità di misura che già da sola contiene l’universo intero, ma che a volte non ci sembra abbastanza se parliamo di Musica.
“…Spesso si confonde la musica con quei segni neri sul pentagramma, dimenticando che è il suono, e solo nell’istante in cui esso avviene, ad essere al centro della nostra materia.”
Ed allora, se per ripensare a questa materia ripartissimo dai sussulti che potremmo provare se ci lasciassimo andare verso quel flusso sonoro, capace, forse, di restiruirci maggiore comprensione di noi stessi, dell’altro e del mondo? Giusto poco prima di ricondurlo ad una forma, qualsiasi essa sia.
Ed allora, se il reale intento potesse essere costruire una capacità d’ascolto, in se stessi e nell’altro? Senza assecondare nessun preconcetto ma con giusta capacità critica, affinchè ogni forma possa essere accolta, avendo la libertà di poter esplorare le infinite manifestazioni sonore, senza giudicarle nell’immediato, ma lasciandosi incuriosire, stimolare, scuotere.
Perchè costruire una propria estetica musicale (…e non solo), è sicuramente un processo che viene condizionato dall’ambiente socio culturale e territoriale, ma la ribellione che dovremmo tutti provare ed esprimere, è quella verso un senso globalizzato, spesso appiattito, che ostacola l’espressione di unicità che dialoga con quella creativa, a favore di un gusto più omologato, meno complesso, preconfezionato.
E’ cosi che si è consolidata l’estetica dell’indifferenza nell’occidentale medio, quella che vorrebbe mantenere viva una rappresentazione della realtà come la migliore di quelle possibili, quando invece il mondo post industriale nel quale viviamo è una continua fucina di dimensioni acustiche che paradossalmente, meriterebbero di far parte di quella percezione critica, della possibilità di valutare e scegliere ogni volta, per costruire una propria estetica musicale che si allontani dalla banale contrapposizione suono vs rumore o musica vs non-musica.
Ecco che il dibattito su cosa sia musica o specialmente su quale musica si debba insegnare, trova una sua continua rimodulazione già dal secolo scorso, grazie anche ad un movimento intellettuale fecondo che ha dato vita ad un novecento musicale decisamente ricco rispetto ai secoli precedenti. In questi tempi moderni, dove la musichetta di sottofondo del centro commerciale, non può più bastare a costruire un gusto di massa (benchè questo sia il suo obiettivo primario), occorre trovare un moto contrario a quello globalizzante perchè ci si possa liberare da precondizionamenti indotti e si possa osservare la realtà tale e quale è, con tutte le sue ricchezze e le sue contraddizioni.
Personalmente trovo molto interessante poter aprire sentieri esplorativi che mettano a confronto il rumore ed il suono in modo costante, sia a livello artistico che di ricerca sul suono materico, che da un punto di vista educativo. Occupandomi prevalentemente della fascia 0-3 anni, ho come parametri sia la capacità esplorativa ed espressiva del bambino all’inizio della sua esistenza, che quella dell’adulto/genitore; due mondi percettivi e generativi differenti ma che possono non solo entrare in profonda comunicazione ed interazione ma anche ispirarsi e arricchirsi reciprocamente.
E’ possibile mettere in campo un’istintiva curiosità verso il paesaggio sonoro che ci avvolge nel quotidiano, sia esso casalingo che urbano o naturalistico, dove suoni e rumori fanno parte della medesima composizione e dove tutto ciò che entra nella personale percezione acustica, può potenzialmente definire il nostro gusto, la nostra estetica musicale. Con ciò intendo, che un obiettivo interessante da inserire in un percorso educativo sonoro-musicale, è senz’altro quello di far sviluppare al proprio studente la sua capacità d’ascolto, libera da condizionamenti, da giudizi che inibiscano l’interazione ancor prima che si crei l’incontro, impedendo che la materia sonora divenga conoscenza con le sue infinite sfumature.
“…Aprire le orecchie al mondo, portare in primo piano i suoni ed i rumori dello sfondo, giocare con i suoni del quotidiano, manipolare gli oggetti che ci circondano alla ricerca di una realtà sonora che, da fastidiosa e da annullare, possa diventare fonte di piacere e di comunicazione.”
La bellezza che si può riconoscere nella produzione novecentesca, quella musicale e non solo, sta nella sua complessità e moltitudine di proposte divergenti ed interconnesse tra loro ad una tale velocità e con una evoluzione delle forme e degli strumenti a disposizione (soprattutto quelli tecnologici), che la potremmo quasi paragonare a quel caos primordiale da dove tutto ebbe inizio. Seguendo questo ragionamento verrebbe spontaneo chiedersi verso quale nuovo inizio ci stiamo dirigendo ora, considerando anche il nuovo millennio, ma questa riflessione ci farebbe piacevolmente uscire fuori tema. Forse questo è un momento storico particolarmente accellerato e vicino alla percezione che si potrebbe avere del caos, dove la sovrastimolazione e la complessità vivono la loro costante contraddizione tra abbondanza ed appiattimento. Questo moto perpetuo che può essere scomposto e ricomposto costantemente, contiene numerose vie d’accesso se ci si rende capaci di coglierne la sua vera funzione: generare.
Ciò che forse può essere utile nel nostro ragionamento, per andare verso un modo più contemporaneo di pensare l’educazione musicale, è cogliere da queste molteplicità di forme, di stili, di generi, piani e livelli di comunicazione, proprio il margine del caos… scegliendo il sentiero più audace, allontanandosi dal gusto del prodotto preconfezionato ed essendo disposti ad accogliere la complessità.
“… Il margine del caos è dove nuove idee e genotipi innovativi erodono senza tregua i confini dello status quo, e dove persino la vecchia guardia meglio trincerata sarà infine capovolta.”
Un testo sapientemente composto, quello dell’autore Daniele Vineis, generoso nel suo contenuto e che si connette col novecento musicale occidenale, non solo per esplorarlo, constatandone le numerose possibilità formative, ma anche per tracciarne sentieri possibili che possano realmente condurre ad una nuova educazione musicale contemporanea. Parlare di contemporaneità può risultare un parler inflazionato e depauperato del suo significato più intrinseco. In modo chiaro e lineare, invece, Vineis ci conduce in un viaggio che parte dai Futuristi per arrivare ai minimalisti, passando per La Musique Concrète. Ogni capitolo è completo di proposte didattico-sonore ma ancor più importante, l’autore ha voluto invece evidenziare riflessioni importanti, per altro ben argomentate da illustri compositori, artisti e pensatori, che potrebbero realmente rappresentare un contenuto vasto dal quale attingere per la trasmissione dei nuovi saperi musicali.
Accolgo ed apprezzo la sua visione, che evidenzia in modo deciso alcuni punti sensibili che ogni educatore dovrebbe inserire nel proprio sentiero professionale.
Ammetto che amplificano alcune riflessioni già presenti nel mio animo e che conducono tutte, al mio personale margine del caos.
Francesca Romana Motzo
SPARTITO PERSO – Giochi di animazione con la musica del novecento – Ed. Franco Angeli (MI) 2019 (nuova edizione aggiornata) pgg.180
Daniele Vineis
Docente di strumenti a percussione presso il Conservatoire de la Vallée d’Aoste.
Ha collaborato come ricercatore e formatore con IRRSAE Piemonte, CSMDB e con la SIEM. Già direttore artistico di OPLAB Orchestra Provinciale Laboratorio Biellese, è autore di musiche per l’infanzia, colonne sonore, video d’arte.
Ha pubblicato articoli e testi sulla didattica musicale di base.